Scritta "Juden hier" sulla casa di Lidia Rolfi: nessun colpevole, la Procura chiede l'archiviazione del caso
Le numerose indagini investigative non hanno consentito di individuare l'autore del gesto antisemita realizzato lo scorso 24 gennaio 2020.
E' stata chiesta l'archiviazione del caso relativo alla scritta antisemita comparsa lo scorso 24 gennaio 2020 a Mondovì sulla porta della casa di Aldo Rolfi, figlio di Lidia Beccaria Rolfi, partigiana deportata nel campo di concentramento di Ravensbrück. La scritta realizzata con una bomboletta spray di colore nero recitava "Juden hier", tradotto "Qui c'è un ebreo", ed era accompagnata da una stella di David.
"Juden hier": nessun colpevole, la Procura chiede l'archiviazione del caso
La Procura di Cuneo che si è occupata del caso ne ha chiesto l'archiviazione a seguito del fatto che, nonostante le numerose indagini per risalire all'autore di tale fatto, non è stato possibile individuare nessun colpevole della vicenda. Lo scorso 24 gennaio 2020, a Mondovì, sulla porta dell'abitazione di Aldo Rolfi, figlio di Lidia Beccaria Rolfi, partigiana deportata nel campo di concentramento di Ravensbrück, in Germania, era apparsa una scritta, realizzata con una bomboletta spray di colore nero, che recitava "Juden hier" ossia "Qui c'è un ebreo", accompagnata da una stella di David. Un gesto antisemita fortemente offensivo e preoccupante, fatto esattamente 3 giorni prima della "Giornata Internazionale di Commemorazione in Memoria delle Vittime dell’Olocausto" del 27 gennaio.
Stando a quanto riportato dalla Procura di Cuneo, le operazioni investigative, purtroppo, non hanno consentito di individuare un colpevole: nessun riscontro dalle immagini delle telecamere di sorveglianza poste all'inizio della via e vana anche la consulenza per individuare il tipo di spray nero con cui era stato realizzato lo sfregio.
TI POTREBBE INTERESSARE: Una rosa bianca all’ingresso della sinagoga per Lidia Beccaria Rolfi
La storia di Lidia Rolfi
Nata da famiglia contadina, completò gli studi magistrali nel 1943 e iniziò ad insegnare in una scuola elementare a Torrette, frazione del comune di Casteldelfino in Valle Varaita. Entrò presto in contatto con la locale Resistenza (XI Divisione Garibaldi, XV Brigata "Saluzzo") e diventò staffetta partigiana già nel dicembre del 1943 con il nome di battaglia di "maestrina Rossana". Il 13 aprile del 1944 fu arrestata dai fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana a Sampeyre ed incarcerata a Cuneo. Consegnata alla Gestapo, venne trasferita prima a Saluzzo e poi alle carceri nuove di Torino. Nel carcere di Torino divise la cella anche con Anna Segre Levi, nonna del suo compagno di brigata Isacco Levi. Il 27 giugno venne deportata nel campo di concentramento nazista di Ravensbrück assieme ad altre tredici donne. Rimase nel Lager sino al 26 aprile 1945, dapprima nel campo principale e successivamente nel sotto-campo della Siemens & Halske. Ritrovò la libertà nel maggio 1945, durante la marcia di evacuazione organizzata dalle SS.