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'Ndrangheta, arrestato un latitante: si nascondeva in Georgia

Era già stato condannato in due processi

'Ndrangheta, arrestato un latitante: si nascondeva in Georgia
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Personale della Polizia di Stato (appartenente alla Squadra Mobile di Torino, alla Sezione Investigativa di Torino del Servizio Centrale Operativo ed alla Polizia Stradale di Cuneo) e dell’Arma dei Carabinieri (Nucleo Investigativo di Cuneo) ha arrestato, presso la Scalo Aeroportuale di Orio al Serio, di Giuseppe Francesco Sganga, destinatario di ordine di arresto ai fini estradizionali,  perchè condannato in primo grado per concorso esterno in associazione di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti e ricettazione di un’autovettura, nonché, in un secondo processo, per accesso abusivo a sistemi informatici e per tentate frodi informatiche.

'Ndrangheta, arrestato un latitante

Di fondamentale importanza, per la localizzazione di  Giuseppe Francesco Sganga, è stata la Cooperazione tra le autorità di Polizia italiana e la Polizia della Georgia, con il coordinamento del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale e dell’Ufficio dell’Esperto per la Sicurezza presso l’Ambasciata d’Italia di Tbilisi. SGANGA, infatti, era inserito nell’ambito del progetto 1-CAN (Interpol Cooperation Against Ndrangheta), istituito per agevolare le ricerche di latitanti in ambito internazionale, sul presupposto ormai ampiamente dimostrato che la ‘ndrangheta sia attualmente un’organizzazione criminale globale.

Si era rifugiato in Georgia

L'uomo aveva trovato rifugio in Georgia, grazie all’appoggio di conoscenti, allo scopo di sottrarsi alla celebrazione dei processi nei suoi confronti in Italia. L'esecuzione dell'estradizione permetterà pertanto di svolgere i giudizi di appello in presenza dell’imputato, assicurandogli la possibilità di illustrare le proprie tesi difensive, ma al tempo stesso garantendo alla giustizia italiana di poter applicare le eventuali condanne per i reati commessi sul territorio nazionale.

L’estradizione  di Sganga è stata possibile in quanto il Potere Giudiziaria italiana aveva emesso nei suoi confronti ordinanze applicative della misura della custodia in carcere, estese in campo internazionale, motivate dalla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e dalle esigenze cautelari del pericolo di fuga e di reiterazione di analoghe condotte criminose, essendo tra l'altro l’estradando già gravato da numerosi precedenti penali.

L'operazione è frutto di una sinergia

Uno dei provvedimenti cautelari coercitivi, in particolare, è l’esito della complessa attività Investigativa coordinata dalla D.D.A. di Torino e svolta sinergicamente dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato di Torino e dai Carabinieri di Cuneo, che consentiva di attestare, attualmente con una pronuncia al primo grado di giudizio, l’esistenza del “locale” di ‘ndrangheta di Bra i cui associati erano dediti a plurime condotte criminose tra cui il traffico di sostanze stupefacenti, le estorsioni e le rapine. Al vertice del sodalizio c'era la famiglia Luppino, originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte, insediatasi da anni nel territorio di Bra, i cui principali esponenti erano stati individuati nei fratelli Salvatore e Vincenzo Luppino.

La condanna

Proprio nell’ambito del processo scaturito da tale attività investigativa, il 21 ottobre 2022, Sganga è stato condannato in primo grado di giudizio, dal Tribunale di Asti, alla pena di 11 anni e 4 mesi di reclusione per i delitti di associazione di stampo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti e ricettazione. Il medesimo Tribunale, in data 15.09.2022, aveva già emesso, sempre nei confronti di SGANGA, una precedente sentenza di condanna a 2 anni e 11 mesi di reclusione per delitti di riciclaggio e ricettazione.

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