Cia Cuneo: "Psa, bisogna intervenire rapidamente con l’abbattimento dei cinghiali”
Dal ritrovamento della prima carcassa infetta di cinghiale il 7 gennaio 2022 a Ovada, i casi accertati di positività sono pericolosamente cresciuti: 413 in Piemonte e 278 in Liguria
La Pesta Suina Africana (Psa) è un’infezione virale che colpisce i cinghiali. Non trasmissibile all’uomo, è però molto pericolosa per i suini che possono contagiarsi e devono essere abbattuti.
Dopo aver pesantemente interessato la provincia di Alessandria e la Liguria, ora la Psa si è avvicinata alla provincia di Cuneo. L’ultimo cinghiale positivo è stato trovato la scorsa settimana a Cairo Montenotte. Di conseguenza è scattato l’allarme, con l’inserimento del primo Comune della “Granda” - Saliceto -, a pochi chilometri di distanza dal territorio ligure, nella zona rossa II infetta in cui sono in vigore i divieti più stringenti (Restrizione II).
I comuni dell'area cuscinetto
Sono poi 19 i territori dei Comuni che fanno parte dell’area cuscinetto. I confinante con la precedente e interessati dalle limitazioni della Restrizione I: Bergolo; Pezzolo Valle Uzzone; Cortemilia; Levice; Castelletto Uzzone; Perletto; Castino; Cossano Belbo; Rocchetta Belbo; Santo Stefano Belbo; Gottasecca; Monesiglio; Sale delle Langhe; Camerana; Castelnuovo di Ceva; Priero; Prunetto; Montezemolo e Perlo. Dal ritrovamento della prima carcassa infetta di cinghiale il 7 gennaio 2022 a Ovada, i casi accertati di positività sono pericolosamente cresciuti: 413 in Piemonte e 278 in Liguria. Per la provincia di Cuneo, se il virus si diffondesse in ulteriori zone costituirebbe un danno economico ingente, calcolato in oltre 650 milioni di euro all’anno per produttori e trasformatori e di 130 milioni di euro all’anno per l’indotto.
A cui si aggiungerebbe il crollo di immagine per un prodotto di eccellenza. Infatti, la “Granda” conta il 70% degli allevamenti suinicoli del Piemonte, con quasi 700 aziende e un patrimonio di 900 mila capi. Animali che vengono anche destinati alla preparazione dei pregiati marchi italiani Dop, come il prosciutto di Parma o il San Daniele. Inoltre, - spiegano da CIA - con la normativa attuale in zona rossa non è possibile praticare l’attività outdoor. Per cui ne patirebbero le strutture turistiche, ricettive, agrituristiche ed enoturistiche. Ma non solo. Sarebbe vietato cercare tartufi e funghi e raccogliere le castagne e i prodotti del sottobosco. Occorre - continua Cia- sopprimere i cinghiali attraverso una selezione mirata. Ma, lo scorso anno, sui 50 mila abbattimenti preventivati ne sono stati effettuati 27 mila. Inoltre, tra le opere programmate per contrastare l’epidemia, attraverso un finanziamento di 10 milioni di euro, si sta realizzando una recinzione, con reti metalliche e pali in legno, per circoscrivere le aree di restrizione. Però, a inizio 2023 l’intervento ha riguardato solo 115 chilometri del perimetro “a rischio” di 144 chilometri. E che, purtroppo, potrebbe ancora crescere.
Silvio Chionetti, vicedirettore e responsabile dell’area tecnica provinciale dell’organizzazione agricola, afferma:
“La Regione attraverso il Priu - Piano regionale di interventi urgenti - e la Provincia con il Piano di contenimento dei cinghiali e il Regolamento per i compensi ai cacciatori abilitati a intervenire, hanno individuato un percorso per controllare la diffusione della Peste Suina Africana e per prevenirla con l’abbattimento degli ungulati nelle aree al di fuori delle zone di Restrizione I e II: cioè quelle ancora indenni dal possibile contagio del virus. La strategia deve andare in questa direzione, chiedendo ai selecontrollori, ai tutor e ai cacciatori di agire rapidamente nei modi e nei tempi previsti dalle norme in vigore. Con un abbattimento “massiccio” si otterrebbero due obiettivi: allontanare il pericolo della Psa e limitare, seppure parzialmente, i danni provocati dai cinghiali all’agricoltura. La Provincia ha deciso di istituire una cabina di regia, con il compito di riunirsi ogni settimana per il monitoraggio della situazione. Bisogna vigilare attentamente gli sviluppi, perché se l’infezione arrivasse in provincia di Cuneo provocherebbe un danno devastante per il comparto agricolo e soprattutto per quello suinicolo”.