La dipendenza da web non ha età, ne soffrono i ragazzi ma anche gli adulti
Controllare il cellulare è l'ultima cosa che si fa quando si va a letto e la prima appena svegli.
Dipendenza da web, un fenomeno dilagante. Sempre più persone non riescono a fare a meno della connessione internet, e poi c’è il l’Hikikomori, la patologia che spinge i ragazzi a isolarsi come il 19enne torinese che sabato scorso si è gettato dal quinto piano, come riporta ilCanavese.it.
Dipendenza da web
E’ un fenomeno che sta dilagando a macchia d’olio in tutti i Paesi industrializzati. La tecnologia è sì un mezzo che ci permette di vivere con maggiori confort ma è uno strumento da “maneggiare con cura”. Smartphone, pc e tablet sono entrati nelle nostre case per renderci la vita più “smart” ma l’impatto che questi stanno avendo sulle nostre vite è un’arma a doppio taglio. Sono sempre di più infatti le persone che non riescono a fare a meno di questi strumenti, entrano in crisi quando la batteria del cellulare scende sotto una certa soglia o se non c’è connessione internet.
Dipendenza senza età
E’ un fenomeno che spesso viene attribuito ai più giovani che in effetti sono quelli più predisposti a soffrirne ma anche gli adulti ne sono affetti e vanno letteralmente in crisi quando non riescono a controllare la posta elettronica o non possono accedere a internet per fare una ricerca.
Dati allarmanti
L’ultimo rapporto AGI-Censis (2018) parla chiaro, anzi, chiarissimo. La maggior parte degli italiani sarebbe online prima di andare a dormire (77,2%) e al mattino immediatamente dopo essersi svegliato (63%). Il 61,7% poi userebbe lo smartphone persino quando è a letto o a tavola (34,1%), dati che si alzano se isoliamo dal campione i più giovani: rispettivamente 79,7% e 49,7%.
Il 60,7% del campione AGI-Censis afferma di rendersi conto di aver sviluppato una vera e propria dipendenza da Internet, ma non per questo riesce nell’impresa di auto-limitare le ore che passa connesso. Una dipendenza vera e propria che sottrae tempo (ed energie) ad altre attività, come addirittura al lavoro (52,6%) e alle relazioni e agli affetti familiari (35,6%). Solamente l’11,7% del campione però ammette di vivere con ansia un’eventuale mancanza di connessione.
Per l’11,2% inoltre l’utilizzo della rete è fonte di collisioni con i propri familiari.
Fenomeno Hikikomori
E’ di sabato la notizia della tragica vicenda del ragazzo torinese di 19 anni che si è gettato dal quinto piano dopo che la madre gli aveva tolto la tastiera del pc. Il ragazzo affetto da Hikikomori ora si trova ricoverato al Cto di Torino in gravissime condizioni.
“Hikikomori” deriva dal giapponese, dalla terra cioè dove questa “patologia” è nata e si è sviluppata. Significa letteralmente “stare in disparte”, chi ne soffre decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi (da alcuni mesi fino a diversi anni), rinchiudendosi nella propria camera da letto, senza aver nessun tipo di contatto diretto con il mondo esterno. (fonte www.hikikomoriitalia.it)
I dati dicono che in Giappone ne siano affetti oltre 500.000 individui, ma alcune stime parlano anche di 1 milione. In Italia il dato è ben diverso, ma ugualmente allarmante, si parla infatti di 50.000 casi accertati, ma potrebbero essere molti di più.
E’ un disturbo che colpisce prevalentemente i giovani fra i 14 e i 30 anni e di sesso maschile, ma anche le ragazze potrebbero soffrirne.
Come desensibilizzarsi
Innanzitutto il primo passo è chiedere aiuto e rivolgersi ad uno psicoterapeuta che sappia come prendere in mano la questione e gestire la criticità.
A Milano è nato un ambulatorio specializzato proprio in questo tipo di dipendenze, si chiama “Digital Life Coaching” ed è uno sportello psicologico per imparare a gestire correttamente la tecnologia. Qui i casi vengono affrontati come delle vere e proprie emergenze.
Oltre confine poi si sta diffondendo una nuova “cura”. Si tratta del dumb-phone, ovvero un cellulare “muto”, “stupido”, cioè privo di connessione internet, niente social network, niente email, niente app. A Londra ormai il fenomeno è sempre più diffuso, soprattutto fra manager e uomini d’affari che stanno tornando a strumenti meno tecnologici affidando l’organizzazione della loro giornata a segretarie e non più a cellulari e app di ultima generazione.
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