Langhe e Barolo, l'ombra del caporalato
Debellare lo sfruttamento è l'obiettivo importante del consorzio Tutela Barolo e Barbaresco Alba, Langhe e Dogliani
Anche nelle Langhe ci sono luci e ombre circa il lavoro dei braccianti impegnati per raccogliere l'uva durante il lungo periodo della vendemmia autunnale.
"Il caporalato e lo sfruttamento non sono così sedimentati nella nostra agricoltura che nessuna parte, nessuna latitudine ne è esente. La paga minima è di 60€ ma c'è chi lavora a 15" - fa sapere alla TGR Piemonte Jean Renè Bilongo, Capo Dipartimento Politiche Migratorie FLAI CGIL.
L'obiettivo del consorzio Tutela Barolo e Barbaresco
Debellare lo sfruttamento è un obiettivo importante per il consorzio Tutela Barolo e Barbaresco Alba, Langhe e Dogliani.
In questa fetta di Piemonte, sono ben 4.000 i lavoratori in vigna nelle terre del Barolo e del Barbaresco, 2.000 sono assunti direttamente dalle aziende, altri 2000 arrivano dalle cooperative. Di queste solo la metà è associata a Confcooperative, la restante metà appartiene a cooperative incontrollate.
Un problema che spesso viene rilegato alle regioni del sud Italia dove l'agricoltura è più sviluppata ma in realtà coinvolge tutto lo stivale da nord a sud. Ad esempio, nel 2018, il Ministero del Lavoro aveva prodotto una stima a riguardo, che ammontava a circa 160 mila lavoratori sotto il caporalato, mentre l’Osservatorio ha spostato ancora più in alto la stima, portandola a circa 200 mila unità: 180 mila è la media.
"Il nostro è un lavoratore principalmente stagionale che richiede picchi di lavoro in certi periodi dell'anno: nella tarda primavera e in autunno per via della raccolta. La richiesta di manodopera è tanta. Il problema di questa manodopera arriva sul territorio senza essere regolarizzata. Noi vorremmo creare un'intermediazione, strutturata che possa dare supporto a chi arriva qui"- rimarca a Rai 3 Piemonte Matteo Ascheri, presidente Consorzio Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani